Vijay Iyer Milano / Teatro Franco Parenti

 
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Ottima partenza quella del programma Pianisti di altri mondial Teatro Parenti in Milano. Iniziativa gestita come direzione artistica da Gianni Gualberto Morelenbaum e supportata dal Teatro e dalla Società del Quartetto prevede una serie di concerti di “piano solo” con artisti attivi nella scena della musica jazz e accademico – contemporanea.

Oggi l`esordio, con il pianista americano Vijay Iyer per la cui presentazione rimandiamo ad altre sezioni specifiche già comparse in testata. Appuntamento fissato per le 11.00 di mattina nella miglior tradizione del ben noto Aperitivo Concerto la cui mancanza si sentiva da un po` di tempo.

L`attesa era quindi importante, soprattutto per quel che riguardava la risposta del pubblico; il consuntivo é stato inappuntabile: sala piena con  ascoltatori attenti e, almeno in prima battuta, apparsi soddisfatti.

In effetti lo sviluppo della sessione, articolata sulla scaletta presentata in calce, ha mantenuto le aspettative che si potevano nutrire alla vigilia sia in termini di originalità che di profondità artistica. In primis, almeno a parere di chi scrive, sono emerse le doti di Iyer come compositore. L`adozione di cellule melodiche semplici come base su cui sviluppare strutture raffinate, passaggi ritmici variati e improvvisazioni ragionate é stato un elemento reperibile in tutte le esecuzioni proposte.

In Spellbound & Sacrosanct, Cowrie Shells and the Shimmering Sea (quinto brano in scaletta anche se in realtà percepito come il secondo, dato che i primi 4 pezzi sono stati eseguiti come unico medley) risulta palmare l`uso di un piccolo riff di 4 note eseguite con la mano sinistra in modo ciclico e ad intervalli più o meno irregolari. La mano destra si incarica degli sviluppi ritenuti coerenti generando così sezioni strutturali, più o meno flessibili, ciascuna caratterizzata da modulazioni ritmiche o da pattern specifici. L`effetto all`ascolto é in affascinante equilibrio tra la sicurezza di aver colto la sostanza e la curiosità di quello che potrà accadere. Interessante é far notare che questo brano é tratto dal disco di esordio di Iyer, Memorophilia (1995), a certificazione della tenuta al tempo che anche le sue prime partiture hanno dimostrato.

Ancor più efficace la proposta di Autoscopy. dove la cellula base é apparsa un riff magmatico di qualche nota bassa su cui le variazioni assumevano una presa alla Cecil Taylor; beneficiando forse del fatto che questo brano é stato concepito fin dall`inizio per piano solo (é infatti stato pubblicato nel suo lavoro Solo del 2010) l`impressione é che abbia permesso ad Iyer di meglio sviluppare certe potenzialità senza dover supplire all`assenza di partner come nel caso del pezzo precedente, pensato per un trio.

Vijay é inoltre noto per la multiculturalità sia delle sue origine che della sua educazione; aspetto questo che si é sempre tradotto in modo più o meno evidente nei suoi lavori. Anche in questa occasione se ne é avuta una conferma pur se in modo forse diverso rispetto a quanto si avrebbe potuto pensare. La sua arte non è ethno-jazz né world né tanto meno folk, non ci sono intenti strettamente etnomusicologici. Gli echi orientali / africani che possono essere ravvisati nelle sue composizioni riguardano sintassi di base usate per formulare discorsi comunque rigorosamente inseriti in un solco occidentale. Abundance é tratto dall`album Tirtha (2011), un`opera pensata in trio con chitarra e tabla fortemente influenzata dalla musica Indiana. Nella versione originale queste radici erano largamente affidate alla cura dei timbri degli strumenti partner, tabla e chitarra appunto; qui, in versione solista, il rilievo di queste influenze é stato percepibile ma  inevitabilmente attutito.

Da ultimo si ricorda la formazione scientifico – accademica dell`artista, graduato in Fisica – Matematica e con un PhD dedicato ai meccanismi della cognizione applicati alle arti musicali. Ne consegue una razionalità di fondo che innerva tutte le composizioni; per quante variazioni, improvvisazioni o elementi estemporanei possano intervenire l`ascolto resta sempre ancorato a un costrutto chiaro che tiene ancorato il pubblico alla performance. Ne é un esempio la prima parte del concerto nella quale quattro brani di matrice piuttosto diversa sono stati offerti come un`unica suite, reggendo il gioco proprio per via di quella razionalità sopra ricordata.

Iyer saluta Milano con il bis Children of Flint, che musicalmente non aggiunge molto a quanto già esposto ma che certamente assume un valore simbolico visto il riferimento al celebre dramma di contaminazione per piombo dell`acqua della cittadina di Flint, accaduto nel 2014 con un severo impatto su di una popolazione di 100.000 abitanti. Il commiato ha quindi un chiaro senso di richiamo ad una tematica di assoluta attualità sociale confermando una sensibilità che Vijay, per altri argomenti, aveva già manifestato in passato.

Un`esperienza molto intensa sia emozionalmente e, almeno per chi scrive, soprattutto intellettualmente; se il bel tempo si vede dal mattino la giornata dei Pianisti di Altri Mondi é iniziata sotto i migliori auspici.

Il percorso prosegue domenica 9 febbraio ore 11 con Vanessa Wagner; da quello che abbiamo capito anche lì ci sarà da divertirsi ma avremo modo di riparlarne.

Fotografie di: Federico Sponza

SCALETTA:

UnEasy (Vijay Iyer) Work (Thelonious Monk) Libra (V. Iyer) For Amiri Baraka (V. Iyer) Spellbound & Sacrosanct, Cowrie Shells and the Shimmering Sea (V. Iyer) Autoscopy (V. Iyer) Abundance (V. Iyer) Night and Day (Cole Porter / arr. Joe Henderson) Children of Flint (V. Iyer) 1 –> 4 eseguiti insieme come un unico medley.